Se siete arrivati fino a qui avete il diritto di chiedervi come è nato tutto questo, e magari anche perchè. Bene, come all'inizio di una favola c'era un volta una pinacoteca di Brera che non avevo mai visitato (bu bu vergogna!!!). Così un bel gorno caldissimo di agosto decisi di mettere fine a queta lacuna insopportabile e, pagato il mio bel biglietto, ci entrai. C'erano un sacco di grandi e piccoli quadri, ovviamente, alcuni che mi piacevano altri meno. Ma in un angolo, accanto ad una crocefissione di
Bramantino, in sala XV, vidi inspiegabilmente un attaccapanni neanche tanto bello, poggiato su tre dischi di metallo, a cui erano rimasti appesi un cappotto e un cappello. Siccome ero e sono di vocazione un rompicoglioni, ed eravamo pure in area di sospetto bombe, prima mi dissi che non aveva molto senso un cappotto con 37 gradi centigradi all'esterno, poi pensai che da troppo tempo avrebbe dovuto restare lì -se scordato d'inverno- senza che nessuno prima di me si facesse domande. E così chiesi alla custode della sala informazioni. Ella, inorgoglita per la mia puntuale attenzione, mi rivelò che non di dimenticanza si trattava, in effetti, ma di installazione artistica dovuta al maestro Jannis Kounellis. A seguito di questa rivelazione sopraggiunse una studentessa dell'accademia omonima, che mi illuminò circa l'interpretazione da dare all'opera: la vicinanza con la crocefissione dovuta alla sinonimia fra attaccapanni e uomo morto secondo la Treccani ( uomo morto [particolare tipo di attaccapanni munito di
spalliera per l'appoggio delle giacche, e di asse orizzontale per i
pantaloni] ≈ indossatore, ometto, servo muto.); il senso del vuoto espresso dall'autore nell'abbandonare il cappotto come vita lasciata; il cappello senza più testa che sta per il pensiero liberato... e molto altro, invero, come ad esempio il senso dei dischi di piombo posti alla base, che l'autore avrebbe voluto più numerosi se la stabilità del palazzo non avesse avuto la precedenza sull'intuizione artistica.
Fu in quel momento che compresi come anche le mie opere avessero bisogno e diritto ad una traslazione dall'emozione pura al senso razionale del desiderato (e anche di più) dell'autore.
Ed ecco qui il significato di questa galleria virtuale, che a voi osservatori lascerà, spero, lo spazio per interpretare quanto di serio, magari incoscio, e quanto di ironico-umoristico-sarcastico quasi sempre conscio esista in questo spazio, del tutto consapevolmente disomogeneo.
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